Di seguito la risposta di alcun* student* universitari rimininesi all'intervento del Vescovo di Rimini in occasione dell'avvio del nuovo anno accademico
Volevamo lodare l'intervento di Monsignor Lambiasi tenutosi il giorno 21 Ottobre presso
Altro concetto chiave nella lettura della crisi culturale è quello di “stipendifico”, come afferma Monsignor Lambiasi “badando prevalentemente ad accumulare crediti ed esami”. Secondo il nostro parere questa affermazione si sviluppa analizzando la gestione interna dell’università. Questa, avendo un forte carattere aziendale, tende a generare profitto sugli studenti che vengono identificati tramite un numero assegnato (numero di matricola) e che di conseguenza tende a rapportarsi al di sopra della identità fisica individuale, comunicando tramite e-mail o cercando il confronto tramite richiesta di appuntamento con il personale sempre più raro da ottenere. La nostra università è un “non-luogo” paragonabile alla stazione centrale di Milano o alla metropolitana di Roma, un luogo fisico degradato (vedi cortile Alberti) che non si riesce a valorizzare creativamente e culturalmente e che spinge l'universitario a frequentarlo solo nelle ore di lezione, per poi chiudere i vari plessi, spingendo lo studente in quelle macro-economie costituite dall’aperitivo, dalla discoteca e dalla birra sul lungomare. Lo studente non ha alternative. Il centro storico a sua volta è una zona priva di cultura: non un cinema, non un teatro, non un punto di aggregazione che riesca a produrre cultura.
Altra piaga è la speculazione sugli affitti. Si arriva a pagare più di 300 euro per una camera singola; non esiste un piano d’ intervento per mettere lo studente in condizione di studiare tranquillamente senza il problema dell’affitto, delle bollette e del mangiare. Si alimenta in questo modo (oltre alla frode fiscale) il mercato del lavoro nero. Chi è in difficoltà economiche e crede fortemente nel proprio percorso universitario è costretto a lavorare per pagarsi gli studi. Ogni lavoro è buono, ogni mansione è accettata. Si lavora in nero, non esistono contratti di lavoro per studenti, non esistono agevolazioni per chi studia e lavora al tempo stesso. Quello che più preoccupa è la mancanza d’interesse di questa amministrazione comunale e della collettività verso l’università riminese. Monsignor Lambiasi alla città osa chiedere di prendere consapevolezza dell’importanza che riveste la presenza dell’Università a Rimini, non considerandola prevalentemente come una possibilità di guadagno e di speculazione a breve termine, ma come una realtà portatrice di valori e fondamentale per la sua crescita futura nel medio/lungo termine. Condividiamo pienamente le parole di Monsignor Lambiasi, speranzosi che si riescano a creare sinergie condivise tra i vari attori presenti sul territorio e che si riesca a trovare una nuova destinazione culturale in grado di trasformare la nostra università dalla situazione attuale “per se” in una nuova visione collettiva “in se”.
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