"I temi e le proposte politiche avanzate sono frutto di una scelta, di un tentativo di pensare la congiuntura singolare da un punto di vista di parte, appunto, situato. E la parte è quella di un lavoro sempre più socializzato e cooperativo, cognitivo e nello stesso tempo precario, che vuole imporre la libertà di produrre contro la sfruttamento, la vita e le istituzioni comuni contro le recinzioni e la rappresentanza.
(Prologo "La lunghezza dell'onda" F. Raparelli)

lunedì 8 febbraio 2010

1000 euro al mese? YES WE CASH!

da uniriot.org

Noi i soldi li vogliamo, questo è chiaro. Senza tagli alle pensioni e senza farci prendere in giro da chi, come Brunetta, cerca di far passare l'impossibilità sociale e materiale di agire un diritto - andare via di casa per costruirsi una vita indipendente - per una sorta di vizio generazionale. Noi bamboccioni, studenti e precari, nel movimento dell' Onda ci siamo ribellati contro i costi sociali di questa crisi, la dequalificazione della formazione pubblica e l'inconsistenza del sistema di welfare in questo paese.

Abbiamo portato nelle piazze la consapevolezza e la rabbia di una generazione che si riconosce pienamente immersa nei processi produttivi ma al contempo costretta alla precarietà lavorativa ed economica, priva di diritti e garanzie. Rivendicando il riconoscimento, anche economico, del nostro contributo alla produzione dei saperi, servizi e libero accesso alla cultura, l'Onda ha saputo dispiegare il conflitto sul terreno della riappropriazione di ricchezza e, insieme, della necessità di un nuovo Welfare all'altezza delle condizioni produttive e sociali contemporanee.

Il claim del reddito emerge come istanza centrale e strategica di queste lotte e di una loro possibile generalizzazione ad altre figure della produzione, oltre l'ambito universitario. L'attualità ci consegna da un lato dati sempre più drammatici, non solo rispetto alle difficoltà dei giovani a sfuggire alla precarietà e a garantirsi un futuro, ma sull'impatto sociale complessivo di questa crisi, con licenziamenti di massa e la mancanza totale di ammortizzatori sociali adeguati; dall'altro, un governo per cui il problema del Welfare si risolve attaccando i pochi diritti garantiti rimasti, contrapponendo una generazione all'altra (le recenti dichiarazioni di Brunetta sull'articolo 18), e riducendo ulteriormente le chance di mobilità sociale ("i giovani che devono tornare ai lavori umili" di Sacconi).

Nello stesso tempo, il dibattito politico vede da più voci, anche molto eterogenee tra loro - dai liberali de La Voce.info a esponenti storici della cultura lavorista, come il sociologo Luciano Gallino - affermare l'urgenza di una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, con l'introduzione di nuove misure a tutela della (ormai maggioritaria) fascia dei lavoratori non garantiti.

Dentro questo scenario il diritto ad un reddito continuativo e garantito emerge per noi come l'idea-forza attorno a cui costruire rivendicazioni, una leva politica per affermare nuovi rapporti sociali e nuove forme di distribuzione della ricchezza che produciamo.

Un reddito garantito da reclamare come unica possibilità di affrontare l'aggravarsi della crisi, per sottrarsi alla ricattabilità lavorativa, come strumento indispensabile per l'emancipazione e l'indipendenza soggettiva. E' proprio a partire da questa lettura del presente, e dallo straordinaria spinta conflittuale dell'Onda, che a Bologna , Parma, Ferrara, Reggio Emilia, Rimini e in tutto il territorio dell'Emilia Romagna nasce in questi mesi la campagna Yes We Cash.

Una campagna progettata e portata avanti da reti di studenti, ricercatori, lavoratori precari e non, con l'obiettivo di ottenere in Emilia Romagna una legge regionale per un reddito minimo garantito, erogato singolarmente e non in termini familistici, in base all'effettivo bisogno e non alle condizioni lavorative, quantitativamente sufficiente a consentire una vita dignitosa e la possibilità di scelta rispetto al lavoro.

Abbiamo già iniziato, e continueremo a muoverci da qui in avanti, in modalità plurali e virali; con inchieste, forme di comunicazione estesa e iniziative di riappropriazione diretta che mostrino perchè, esattamente, abbiamo bisogno di reddito ; producendo dibattito e chiamando in causa direttamente gli esponenti istituzionali; connettendoci alle lotte dei precari e dei lavoratori a rischio licenziamento, per diffondere e generalizzare sul nostro territorio questa battaglia. 1000 euro al mese (forse) possono bastare!

Assumiamo come precedente virtuoso l'esempio del Lazio, in cui una mobilitazione dal basso ha saputo comporre soggettività differenti attorno ad un'istanza centrale, costringendo le istituzioni ad adottare per la prima volta, seppure con delle forti limitazioni, il reddito minimo come forma di ammortizzatore sociale. Una vittoria che, per quanto parziale, ha prodotto un forte elemento di novità e di avanzamento sul piano del Welfare in questo paese.

Pensiamo che questo sia un terreno decisivo su cui sperimentare forme di conflitto, assumendo la sfida di forzare il piano normativo e strappargli risultati concreti - in una parola, soldi - che a partire da esperienze parziali possano creare linee di innovazione complessiva; ovvero, noi non pensiamo al reddito minimo garantito come a una riedizione, o un'integrazione, degli scarsi ammortizzatori già esistenti (sussidio di disoccupazione ecc.), ma come punto di articolazione di un nuovo paradigma di garanzie sociali, basato non sulla coercizione al lavoro (precario, malpagato) ma sul riconoscimento dei diritti di tutte e tutti, aderente alle nostre esigenze e forme di vita.


Studiare, viaggiare, scegliere dove abitare, andare al cinema, a teatro e a cena fuori...


Brunetta, vedrai che i soldi ce li prendiamo. Yes We Cash!

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